INQUINAMENTO,  MARI E OCEANI,  RIFIUTI

Come salvare il mare

Estate: tempo di vacanze, di mare, di relax e divertimento. Tempo anche per fermarsi, osservare e riflettere.

Quest’anno ho avuto la fortuna di passare parte del mio tempo in un luogo non lontano dal mare, per cui ho potuto iniziare a fare le prime passeggiate sulla spiaggia già tra aprile e maggio, periodo in cui la battigia ancora non viene costantemente ripulita dai bagnini. Quello che ho trovato è stata una spiaggia di plastica: ad ogni passo calpestavo un rifiuto.

Un tempo, quando ero bambina, sulla spiaggia raccoglievo conchiglie e sassi; i bambini di oggi invece troveranno quasi soltanto pezzi di plastica, cotton fioc, mozziconi di sigaretta… La plastica sta soffocando i nostri mari ed oceani, danneggia gli animali e la nostra stessa salute.

Sembrava un mostro marino… ed in effetti era un mostro, ma di rifiuti!

Secondo una ricerca di Legambiente, che ha setacciato e studiato 78 lidi italiani, i rifiuti spiaggiati che si trovano più di frequente sono, in ordine di percentuale:

  • tappi e anelli che provengono dalle bottiglie
  • cotton fioc
  • polistirolo
  • bottigliette di plastica
  • mozziconi di sigarette
  • bicchieri, cannucce e stoviglie usa e getta
  • reti per coltivare i mitili

Secondo il mio modesto parere, per quello che vedo quando ripulisco le spiagge volontariamente, andrebbero aggiunti alla nostra attenzione anche altri rifiuti che trovo sempre in grande quantità:

  • sacchetti di plastica di merendine, gelati o caramelle
  • salviette intime o struccanti, non biodegradabili
  • palloncini
  • assorbenti e applicatori di tamponi interni
  • buste e sacchi di plastica

Tra questi, mi è capitato perfino di imbattermi in confezioni integre in plastica di prodotti per la pulizia della casa e della persona con, ancora leggibili, prezzi in lire e date che risalivano addirittura agli anni ’70 e ’80, che potrebbero quindi aver vagato in mare da prima della mia nascita!

Questi frammenti non sono biodegradabili e potrebbero rimanere nell’ambiente anche per 400 anni o più. Con il trascorrere del tempo si scompongono, diventando microplastiche, pericolosissime perché distruggono l’habitat naturale degli oceani ed entrano a far parte della catena alimentare, sia degli animali marini, sia dell’uomo.

La plastica galleggiante o riversa in spiaggia è solo la punta dell’iceberg di una crisi ambientale devastante: infatti il 94% della plastica che inquina i mari è nascosta ai nostri occhi perché si trova sui fondali.
Nessuna zona della Terra si salva da questo dramma: nell’oceano Pacifico si trova il Great Pacific Garbage Patch, cioè una concentrazione di rifiuti di plastiche e microplastiche che forma un’enorme isola, la cui ampiezza è stimata a 1,6 milioni di km², come dire tre volte la Francia!
Spostandoci da un’altra parte del globo invece, secondo gli ultimi studi del Norwegian Polar Institute, tra i ghiacci dell’Artico la concentrazione di materie plastiche è paragonabile, se non addirittura più elevata, che nelle aree urbane.

Ben 700 specie marine sono vittime dell’inquinamento da plastica e la loro sopravvivenza è minacciata: tartarughe, uccelli marini, balene e delfini la scambiano per cibo e muoiono per indigestione o soffocamento.
In particolare le plastiche stanno sconvolgendo lo sviluppo degli uccelli che vivono lungo le coste, addirittura anche quelli protetti che si trovano nelle riserve: polipropilene, polietilene, vetroresina, poliestere e nylon hanno preso il posto dei materiali organici nei nidi. Questo accade perché le retine di plastica abbandonate dai mitilcoltori sono facilmente modellabili, i frammenti di vetroresina sono colorati, ben visibili e reperibili. Se le politiche locali e noi cittadini in primis fossimo più attenti allo smaltimento dei rifiuti, forse questi volatili tornerebbero a raccogliere rami per costruire i loro nidi.

Rifiuti raccolti da me nell’agosto 2017, durante una breve passeggiata sulla riva del mare.

Magari anche sapere quanto ci costa inquinare le nostre spiagge può aiutarci a fare più attenzione: in Europa ogni anno spendiamo 412 milioni di euro per ripulirle.

Quindi, cosa può fare ognuno di noi, nel suo piccolo? Preparatevi alla carrellata perché ciò che si può fare è davvero tantissimo!

  • Non abbandonare MAI i rifiuti nell’ambiente. Anche della spazzatura abbandonata in montagna prima o poi arriverà al mare attraverso i corsi d’acqua, quindi tutti noi siamo coinvolti, anche se viviamo lontanissimi dalla costa.
  • Fare la raccolta differenziata.
  • Non gettare nulla nel water, a parte la carta igienica (e attenzione: le salviette umidificate NON sono biodegradabili, quindi non vanno buttate nel wc).
A sinistra, salviette non biodegradabili probabilmente arrivate in mare perché gettate nel wc, a destra una garza.

  • Scegliere detergenti e detersivi biodegradabili, che non contribuiscano all’aumento dell’eutrofizzazione e alla morte dei pesci.
  • Ripulire le spiagge. Si può fare sia da soli che in gruppo, anche partecipando alle giornate organizzate da associazioni ambientaliste. Se non si ha voglia di ripulirne una intera, si può iniziare raccogliendo qualche rifiuto attorno a noi. Se tutti lo facessero, le nostre spiagge sarebbero sempre pulite. Iniziamo dando per primi il buon esempio. Questa è un’attività bellissima da fare insieme ai bambini: loro si divertiranno e cresceranno con la consapevolezza che gettare rifiuti nell’ambiente è sbagliato!
Pulizia di una spiaggia di Pesaro, sul Mar Adriatico, fatta da me e da mio marito in un pomeriggio di maggio 2018.
  • Preferire i capi con tessuti naturali: quelli sintetici infatti perdono microfibre, che contribuiscono all’inquinamento dei mari.
  • Non usare cosmetici e dentifrici che contengono microplastiche, cioè minuscole particelle di polietilene, di dimensioni inferiori a 5 millimetri, solitamente impiegate per lo scrub. In Italia sono state messe al bando, ma questo sarà effettivo solo a partire dal 2020, quindi continuano ad essere commercializzate. Se proprio volete farvi uno scrub, usate una spazzola da viso o una spugna di luffa per il corpo.
  • Chiedere ai brand, con telefonate al servizio clienti, email, messaggi sui social networks, di modificare il confezionamento dei loro prodotti, rendendolo ecologico e compostabile, o almeno più facilmente riciclabile.

  • Non far volare in cielo i palloncini. Sembrano belli e innocui, tutt’altro! Possono infatti volare anche per centinaia di chilometri, atterrare in un corso d’acqua o in mare e terminare il loro viaggio nello stomaco di un animale marino, uccidendolo.

  • Portare sempre con sé una borsa di stoffa.
  • Se siete pescatori o se ne conoscete qualcuno, fate attenzione anche a questo punto.
    Purtroppo in mare si trovano tantissime retine per i mitili e polistirolo utilizzato per contenere il pesce appena pescato.


Pescatori, il mare è la vostra casa, tenerlo pulito è vostro interesse, per favore, non gettate in mare questi rifiuti. Ma la questione è più complessa di quello che sembra: purtroppo in Italia, al momento, non è permesso ai pescatori di smaltire gratuitamente i rifiuti trovati in acqua e riportati a terra. Infatti, per un’assurda legge, i pescatori che recuperano rifiuti che restano incastrati tra le reti rischiano di vedersi accollare i costi dello smaltimento. Ecco perché solitamente li ributtano in mare. Battiamoci per cambiare questa assurdità!

  • Per finire, sosteniamo quelle associazioni che lavorano per ripulire e salvaguardare i nostri mari ed oceani, eccone alcune:

The Ocean Clean Up

Sea Shepherd

Legambiente

4Ocean

Mare Vivo

Greenpeace

 

Da oggi, sulle spiagge di qualunque parte del mondo, cerchiamo di lasciare solo le impronte dei nostri piedi.

 

 

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